Il potere giudiziario in Italia ha sempre trascinato dietro di se un alone di mistero, un universo incomprensibile fatto di leggi incomprensibili con le quali il cittadino è terrorizzato di doversi confrontare, ritrovandosi nella paradossale situazione di essere perseguitato dalla stessa giustizia che lo dovrebbe garantire.

Amanda Knox e Raffaele Sollecito sono stati condannati in primo grado e assolti in appello. Poi la Cassazione ha annullato la sentenza di secondo grado ed ha ordinato un nuovo processo. Nell'appello bis Amanda e Raffaele sono stati di nuovo condannati. Ieri la Cassazione ha cancellato senza rinvio la condanna ed ha assolto definitivamente i due imputati.

Cinque diverse sentenze a fronte dello stesso materiale probatorio?

Se il materiale probatorio non esisteva o non era sufficientemente solido come mai si è arrivati a due condanne? Se invece era solido, come mai due assoluzioni, l'ultima definitiva? Se le famose “prove genetiche” non erano affatto definitive e schiaccianti, come mai per due volte hanno determinato la condanna degli imputati? Da oggi ufficialmente innocenti ma hanno fatto 4 anni di carcere. Probabilmente ora saranno profumatamente risarciti di tutti i soldi spesi dai loro sventurati genitori - incolpevoli generatori di due essere abominevoli - in otto anni di carte bollate, udienze, trasferimenti, ripensamenti e trattative segrete tra magistrati e avvocati.

In carcere rimane l'ivoriano il quale, in assenza di cospicue fortune familiari in grado di placare gli appetiti di legali di grido, marcisce in galera per essersi trovato al posto sbagliato nel momento sbagliato insieme ad altri due "complici" sconosciuti di cui nessuno ha finora parlato.

Di certo rimane solo la fine orrenda di una ragazza in vacanza in Italia che si è fidata di due persone che riteneva amiche e che. dopo averla uccisa, non solo non hanno dimostrato di provare pietà ma hanno anche sbeffeggiato i genitori grazie al sistema giudiziario italiano che lascia libero spazio alle più bieche manovre pur di non far pagare i propri errori a ricchi criminali di buona famiglia.