Max Tomasinelli è un fotografo professionista ed è mio amico. Ha prodotto un reportage, dove la descrizione scritta questa volta ha prevalso sull'immagine, sul degrado di zone di Torino a lui care, ma non solo a lui. A tutti noi dovrebbero essere care le strade, i marciapiedi, il decoro, l'educazione. Invece la miopia quando non il disinteresse più totale per la Città sono ormai la costante deile zone urbanizzate del nostro Paese, giustificate dalle dimensioni che più sono grandi più sono maltenute perchè difficile è il mantenerle in efficienza. Pochi hanno conservato il senso critico di non accettare che terze persone, elette per questo, si facciano beffa di chi vive nelle città, ci lavora, paga le tasse, fa dei figli, li manda a scuola. Leggete e se avete voglia proviamo a fare qualcosa. Andrea 

 
 
Torino, 16 agosto 2023
In un corso con gradevoli scorci panoramici dal Monte dei Cappuccini alla Mole, nelle belle giornate stagliati sulla porta della Valle Susa, la Sacra di San Michele e tutto l’arco alpino fino al massiccio del Monte Rosa, dove da ogni appartamento o villa del corso si gode di un’impareggiabile vista sulla città, in una delle zone più apprezzate, con un mercato immobiliare medio che spesso supera i 3200 euro al metro quadro e un affitto medio di 11 euro/mq/mese, (fonte: Immobiliare.it), viene in mente, chissà perché, di trovarsi in un altro Paese. Forse in un altro continente, nel quale progresso e sviluppo siano ancora termini astratti e ideali.
Benché io abbia modestamente viaggiato, non ricordo in Europa una città di poco meno di un milione di abitanti che riservi tanta trascuratezza per le sue aree oggettivamente più pregevoli.
La villa della Regina, recentemente restaurata dopo una lunga stagione di abbandono, ora è la Bella fra le bestie, anche se ci si domanda per quale assurdo motivo il viale aulico d’accesso sia costantemente chiuso.
Credo che questo piccolo reportage, svolto in dieci minuti e nel solo tratto tra la rotonda e il numero civico 25, parli da solo: sono immagini di abbandono.
Un abbandono che perdura da molto tempo, troppo tempo, e del quale nessuno sembra preoccuparsi.
Gli asfalti delle carreggiate sono degradati, a rischio di provocare incidenti stradali; quelli dei marciapiedi, distorsioni e cadute; la vegetazione invade le rotonde, impedendo la corretta visuale tra automobilisti in transito; invade marciapiedi, restringendo l’area camminabile e costituendo rischio di inciampo. Le erbacce offrono asilo a bottiglie di plastica, escrementi di cani, fazzoletti con vari residui umani, sigarette, pacchetti di sigarette, accendini, scatole di caramelle, bottiglie di birra, preservativi.
Spesso, nella breve passeggiata pomeridiana, raccolgo quello che posso e lo butto, con la sorpresa di trovare una situazione simile il giorno dopo.
I raccordi fra marciapiedi e pietre di contenimento degli stessi, sono dissestati. I tombini sono intasati da frazioni di asfalto, ghiaia, residui vegetali secchi, spesso provenienti da tagli pianificati, a cui non segue rastrellamento e raccolta. In occasione di forti piogge il corso si trasforma così in un fiume in corsa, portando con sé ramaglie, ghiaia, sassi e detriti che a loro volta producono intasamento degli scoli. Da dentro i tombini poi, la Natura esprime la sua forza dando nascita ad abili ed adattabili specie vegetali.
La segnaletica stradale, se presente, è sbiadita da anni. Ci sono dissuasori di parcheggio installati da non molto già danneggiati, piegati da un distratto urto. Ci sono pali per segnaletica verticale, a cui manca la segnaletica. Ci sono bassi fabbricati tecnici comunali invasi di scritte a spray, niente affatto street-art. C’è una recinzione da cantiere, arancione a maglie ovoidali, che protegge una riva da non si sa cosa: è lì da quando fu programmato il taglio dell’alta vegetazione di quella riva, per poi non terminare il cantiere. Gli alberi che segnano il camminamento del primo tratto del corso, unico colore a fiorire nella desolazione, hanno braccia lunghe, spesso rotte e cadute sulle auto parcheggiate. Un’auto sottoposta ad indagini di Polizia, da mesi in questo tratto, ha da parecchio tempo un grosso ramo sul parabrezza; nessuno sembra avere pietà per la pianta che, subita la frattura, la espone alle intemperie, né cura per il Mercedes, di fatto sotto tutela della Polizia Municipale, che con grande esercizio di genio ha apposto il foglio A4 di avviso di procedimento di indagine del veicolo sul parabrezza con un pezzo di scotch. Avrei voluto dire qualcosa all’agente che lo stava attaccando, ma di fronte alla genialità occore l’umiltà di tacere e godersi lo spettacolo.
L’area prospiciente il Liceo Segré, che voglio chiamare così in omaggio ai molti docenti, bidelli e studenti che lo hanno frequentato, il suo ingresso e la riva oltre la cancellata che si intravede, è il biglietto da visita di un luogo adibito alla formazione degli studenti, ossia alle consapevolezze, alle responsabilità e alla conoscenza degli uomini del futuro. Quegli stessi che avranno in cura i nostri deboli e vecchi corpi, i nostri denari e le nostre famiglie, quando saranno giunti al loro posto di lavoro.
Non è un bello spettacolo.
Mi chiedo molti perché.
Ma soprattutto, perché questo post sia latore, per una volta di qualcosa di utile, vorrei che lo faceste girare, che arrivasse alla Polizia Municipale, al Comune di Torino, alle agenzie immobiliari, agli esercenti di Borgo Po e agli abitanti di Corso Alberto Picco.
Mi impegno pubblicamente a dedicare due ore a settimana alla cura del Corso, a spazzare, tagliare, pulire, raccogliere immondizia, a patto che ci sia un movimento comune organizzato con il vicinato, un accordo con l’Amministrazione, una volontà civica di tenere meglio quello che la città disprezza/trascura/abbandona o non ha la forza gestionale e/o economica per seguire. 
Se conoscete qualcuno che abiti in questo Corso, mettetemici in contatto. Se esiste un gruppo (che non ho trovato) che riesca a trasferire con forza e determinazione questo scandalo alla Amministrazione, segnalatemelo. Se conoscete mail, modi e persone dell’Amministrazione con i quali confrontarsi, segnalatemeli. Potrebbe essere interessante scoprire che c’è qualcuno che ha voglia di sporcarsi un po’ le mani e fare un po’ di chiasso per un corso migliore, che sarà poco, ma è arrivabile. Grazie, max

Il sabato leopardiano raccontava il tempo di un secolo agreste e poverissimo ma il giorno è lo stesso in cui anch'io, che considero abominio il sogno di vincite milionarie passando le giornate bevendo crodini al bar a grattare lotterie istantanee, mi ritrovo a giocare cinque colonne da sei numeri ciascuna, Più un numero Superstar.

Gli anni a venire e le prospettive di una esistenza non proprio a livello delle aspettative che la mia generazione poteva attendersi dischiudono scenari di vecchiaia in cui, se non faccio oggi quello che vorrei per tante ragioni figuriamoci quando lo Stato italiano deciderà di concederemi una pensione all'età - sempre che ci arrivi - di settant'anni. Così mi ritrovo a leggere storie pazzesche di buona sorte, racconti di funzionari che lavorano all'agenzia delle Dogane negli uffici di Piazza Mastai dove vengono pagate le grandi vincite. E mi ritrovo a sognare. Da trent'anni ad una casa nell'Alto Lazio, con l'alternativa dell'Umbria, dove nel piccolo centro medievale di Baschi è da mesi in vendita la casa che fu del regista Bernardo Bertolucci (quello di Novecento per intenderci) per un milione di euro.

Scopro nel frattempo che la lotteria americana Powerball ha un montepremi di oltre un miliardo di dollari e la probabilità di vincere il jackpot è pari alla possibilità di comporre sul telefono un numero a caso e chiamare la persona che si sta cercando. A rendere necessario il dover considerare il proprio lavoro attività stimolante, che tiene viva la mente, che nobilita e dona esempio alle generazioni future è solo la certezza che vincere soldi è impossibile. A Dio piacendo dovrò lavorare ancora tanto per ricevere una pensione da fame e nel frattempo mi domando: come trascorrerei i sabati nella villa di Bertolucci. Forse davanti al camino, aspettando il prossimo sogno.

Il mantra è approfittare dei regali governativi. Edifici scrostati da decenni, strade morte di palazzine sbiadite e cornicioni cadenti, degrado urbano in ogni angolo del Paese cui nessun nipote ha voluto metter mano tornano miracolosamente al decoro con i soldi pubblici grazie al "bonus facciata": una pioggia di miliardi tratti dalle tasche dei contribuenti per permettere a chi ha una vita agiata in quanto dotato di una o più abitazioni di proprietà di rifarsi la tinteggiatura gratis. Mentre chi vive in affitto a fatica continuerà come sempre a pagare senza avere in cambio niente.

Le maglie dei contributi, che finora sono costati un indebitamento monstre alla collettività, sono state strette e accorciate negli importi e nelle modalità di detrazione dall'ultima legge di bilancio di Mario Draghi che porterà inevitabilmente ad una frenata dell'acquisto di case cadenti a diecimila euro da ristrutturare a debito pubblico.

Dietro queste pareti aggettanti le strade dove si sono riaccesi i tenui colori albicocca, salmone, bianco panna ed evidenziatore la miseria umana continua la sua putrefazione. Case belle fuori e brutte dentro come la gente che le abita, pavimenti anni sessanta di marmi che un tempo furono preziosi fanno da cornice a mobilia mortuaria ereditata insieme ai muri, con i crocefissi da cinque chili appesi sulla testiera del letto sopra i materassi ingialliti dalle pisciate dei vecchi al tempo del boom economico.

 

Triste come la coscienza dell'italiano mediamente stronzo, approfittatore e scaltro, con gli zoccoli e l'oro al collo nella casa di Cittanova ereditata dallo zio Calogero di cui non è mai importato niente oltre l'eredità di quella bicocca aspromontina, inospitale ma pervenuta a costo zero per trascorrere le vacanze coi parenti, mentre fingeva di piangere di fronte al cofano il giorno del funerale.

Siamo fatti così, belli fuori e sporchi dentro privi della coscienza civile e della minima intelligenza per capire che nessun governo da niente per niente e che saranno i nostri figli e nipoti a pagare, costretti a rinunciare all'eredità pur di non doversi ritrovare a trascorrere le domeniche in una abitazione improbabile a contare su un tavolo di formica il conto dei danni. Che oggi ammontano già ad oltre quattro miliardi di euro di truffe accertate.

 

Un visitatore su questo mio video YouTube https://youtu.be/Ob1BLHLxEWY

Da quello che vedo è una citta molto civile e pulita. Giro per lavoro tutta Italia. Ma Cecina tutro sembra ma meno che dimenticata. Forse non hai la visione di altre realtà peggiori. Poi dimenticata da chi e cosa: per cosa era ricordata nel passato? Non saprei. Lo sviluppo di Cecina è sempre stata lenta e costante. Zone bellissime, e ti assicuro nel nord della Brianza dove abito io tanti hanno seconde case a Cecina e non vedono lora di venire li a a Cecina. Tranquilla a misura di famiglia. Poi se mi riprendi la piazza in un orario senza bambini o altri contesti la fai sembrare del terzo mondo. Ma non è quella che conosco io mi spiace ma non è un video rappresentativo al 100%. Non obiettivo (Utente semplice Italia)
 

Gentile Utente semplice Italia, ho ricevuto il suo messaggio infilandomi ieri pomeriggio nella canna sud della Direttissima Bo-FI rientrando dal nord Italia. Vivo a Cecina e lavoro a Torino girando il mio Paese per lavoro; parcheggiata l'auto ho compreso la sensazione che si ha di questa cittadina livornese quando la si vive in estate per dieci giorni, a Pasqua o il Due Giugno. Nonostante le finestre di casa si trovino su un viale trafficato ed inquinato in estate come Cornaredo, l'atmosfera per chi arriva qui è certamente diversa. Un tempo Cecina era città operosa (industria calzaturiera, artigianato ceramico, industria conserviera) la cui immagine simbolo che resta è oggi lo Zuccherificio che dal 1987 rimane vestigia diroccata sul viale della Repubblica ad uso speculazione immobiliare che i palazzinari tentano di vendere ai prezzi dell'hinterland di Milano. La chiusura di questa attività fu causata dalla miope presa di posizione dell'amministrazione comunale che non concesse alcune richieste dei proprietari che licenziarono tutti. Probabilmente fu un colpo di fortuna che trasformò i lavoratori licenziati da disoccupati a proprietari che infatti si buttarono sull'investimento in bilocali umidi e costruiti in economia che si possono ancora oggi notare nel disordinato sviluppo della città ; rendite di posizione riservate allo spennamento turistico e inaccessibili ad uso residenziale che strizzano l'occhio alle locazioni in nero, intestando come prime case le proprietà a cugini e zie per evadere l'IMU. Un'economia di gente che licenziata a ottobre da cameriere per acchiappare la NASPI passa le giornate al bar aspettando la primavera. Condividerà con me che la costa adriatica anche nel tratto che diventa Sud da Termoli in giù riserva ai turisti ben altra cura del territorio, delle spiagge, dei locali dove non si vendono bottiglie da supermercato al triplo del valore solo perchè servite fresche ad una tavolino del lungomare. Qui solo Piazza dei Bambini e viale della Vittoria a Marina di Cecina sono state conservate al decoro, il resto sono case con le facciate scrostate (ripristinate con soldi pubblici solo grazie ai denari della collettività con i bonus del governo) ma gli interni restano sepolcri imbiancati come la mentalità di chi si accontenta di vivere tra marciapiedi scassati, grondaie divorate dall'aria salina del mare, controfinestre in orrendo allumino anodizzato (non esiste qui un piano di recupero degli immobili secondo una logica) trascuratezza e maleducazone civica di chi nel 2022 getta in terra la carta del Maxi Bon semplicemente perchè in gran parte della città non si trovano i cestini dell'immondizia. I modelli di città dell'oggi sono immaginate a misura di uomo civilizzato progettate da architetti, city manager, urbanisti, nel rispetto del paesaggio e del suo sfruttamento razionale lasciando ai contadini (con i soldi ma sempre contadini) il loro antico mestiere senza doversi impicciare di cose che non sanno fare. Il video non voleva per nulla essere obbiettivo, anzi ! Per fortuna siamo tutti diversi altrimenti chi accetterebbe di vivere nelle case colorate davanti all'Ikea di Corsico? Andrea

 

In una serie televisiva di produzione Rai un giornalista ha intervistato uomini e donne che si sono rintanate tra le forre e gli altopiani dell'Italia minore, fuggiti da un presente irriconoscibile gettando la spugna dal ring della competizione tra esseri umani. Un ragazzo fa i turni di notte in un macello per coltivare il sogno della compagna di tenere aperta una libreria "di frontiera" con marmellateria e tisaneria nell'Irpinia, un ex maresciallo dei carabinieri non del tutto in quadro che a fatica spiega al cronista il motivo per cui raccoglie pietre con le quali intesse dialoghi profondi. Poi storie di centenari nella fortunata Zona blu dell'Ogliastra o angoli di vita ritrovati in proprietà ereditate nella Toscana delle colline Metallifere, a cacciare per procurarsi una bistecca glocal nel totale disprezzo dei supermercati.

Lo scenario di ritorno si adatta perfettamente alla storia di un Paese arcaico come l'Italia che non ha saputo trattenere i suoi figli che all'estero hanno cercato la fortuna professionale e personale sino a quando in una qualunque edicola italica non si acquisti una copia di Repubblica. Alessando Brariccco ottiene dal quotidiano una pagina per spiegare il motivo per il quale ha registrato con la sua viva voce un file audio in cui ha letto dalla prima all'ultima parola il suo romanzo "Novecento" per appoggiarlo su un sito specializzato in NFT con la speranza di venderlo all'asta per un sacco di soldi.

Si sa che la democrazia del denaro non esiste e Baricco magari venderà il suo file di 85 minuti a qualche milione di euro, perchè lui è Baricco e solo in Italia ha un cospicuo seguito come scrittore televisivo; ex bellone anni Novanta in grado di insegnare a scrivere nella sua Scuola Holden a decine di figli di papà che non sapendo cosa fare nella vita cercano di farsi lanciare dal nostro intellettuale nella gora degli scrittori che scrivono libri che nell'80% dei casi non venderanno nemeno una copia. Alla peggio continueranno a scrivere per se stessi in qualche casale nelle Crete senesi, con il cane grigio accanto al camino e il nasone nel calice di Brunello da postare su Instagram.

Parlare di catene di blocchi in latitudini che se non esistessero le paraboliche non avrebbero nemmeno la connessione internet è complicato e fuori luogo perchè il poeta-pastore dell'Alto Molise non capirebbe il motivo di farsi rovinare la giornata mentre pascola le sue caprette. Eppure in molti ci vorranno provare.

Voi preferireste ogni giorno vedere il cielo blu dei paesi dell'osso sullo spopolato Appennino centro meridionale campando di niente barattando pecorini, tessuti e vino a chilometro zero o sareste tentati dal creare un asset immateriale che vi arricchisca in fretta per continuare ad inseguire il sogno di una vita da influencer in questo mondo infetto? Beveteci su e sappiatemi dire.