Quando due anni fa la figura allungata di Piero Fassino varcò il portone di Palazzo Civico per insediarsi come sindaco di Torino non molti, compreso chi scrive, fecero caso alla strana coincidenza. Un funzionario del Partito Comunista Italiano veniva scelto dalla direzione di un partito che negli ultimi anni aveva faticosamente tentato un restyling innovativo per raccogliere i consensi dei giovani, con l'obbiettivo di svecchiare la dirigenza.

Il sindaco di Torino, oltre ad avere occupato lo scranno parlamentare per numerose legislature (in barba al regolamento interno al partito che non ne vorrebbe più di due) è stato negli anni d'oro il responsabile Fiat nel PCI. Un incarico che visto dalle linee di Mirafiori ha un significato molto importante: un comunista che ha fatto da cuscinetto tra i Padroni delle ferriere e la classe operaia che all'epoca sognava la rivalsa sociale comperandosi la 128.

Non è cambiato nulla in questa Città, ma qualcosa nel frattempo e diventato chiaro: un sindaco come Fassino non poteva essere stato scelto dalla classe dirigente torinese (e dalle truppe cammellate che a Torino eleggono da sempre ed infallibilmente i candidati di sinistra) se non per gestire la dismissione sociale e industriale di Torino. I giovani Elkann sotto la direzione della cariatide Gianluigi Gabetti cercano miliardi per fare shopping oltreoceano, mentre Marchionne nel suo italiano stentato lancia stringati proclami messianici dal suo BlackBerry che non lasciano spazio alla speranza.

Chi meglio di Fassino, col suo loden verde da cerimonia poteva interpretare il ruolo del becchino ? Se ricordiamo le ridanciane campagne di Roberto Rosso o l'esilarante scelta di candidare Rocco Buttiglione contro testa-di-ferro Chiamparino oggi il silenzio ricopre la Città e in un understatement tutto subalpino si procede a passi lunghi e ben distesi nella preparazione delle esequie di stato.

Oggi Fassino è alla testa di un esercito di nuovi poveri che fanno la coda con la cravatta per un panino alla mensa di via Cibrario mentre i diseredati di sempre girano col ferro a uncino pescando nei cassonetti verdi tutto quanto possa essere ceduto in cambio della propria sopravvivenza.

Ciò nonostante, un recente sondaggio incoronava il sindaco di Torino ai vertici del gradimento tra i sindaci di grandi città italiane.

Un muro di Porta Palazzo parla invece di un risultato che si discosta leggermente.