La sentenza della Cassazione in merito ai fatti avvenuti nella Scuola Diaz durante il G8 a Genova nel 2001 conferma aberranti certezze. Undici anni di bugie, depistaggi, teatrini da camera di sicurezza.

I vertici della polizia sono condannati, prescritti invece i reati dei pesci piccoli della celere che hanno massacrato di botte persone che stavano tranquillamente riposando dentro una struttura pubblica dello Stato. Le immagini del dirigente che, cellulare all'orecchio, regge nella mano sinistra una sporta azzurra contenente le due bombe molotov che saranno "fatte ritrovare" all'interno dell'edificio per assegnarne la responsabilita ai presenti fa venire alla mente tanti film tratti dalle storie di paesi golpisti, come il Cile, il Nicaragua o la guerra fra etnie Hutu e Tutsi.

Vladimiro Zagrebelski fa notare che la Convenzione Onu contro la tortura impone agli Stati di prevedere nel loro sistema penale interno il delitto di tortura, con pene di gravità adeguata, di mettere in atto opera di prevenzione e assicurare la punizione dei responsabili. Analogo obbligo deriva dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e da quella europea contro la tortura. Ma l’Italia non ha mai introdotto nel suo codice penale il delitto di tortura.

La tortura, quindi, come tale, non è punibile in Italia.

Il potere poliziesco, da sempre al centro di polemiche e da fatti reali costituenti reato prontamente insabbiati, rappresenta l'ossatura nera del nostro macilento sistema democratico, incapace di tenere a bada gli orgasmi di potere dei suoi settori, sopratutto quelli in perenne stand-by da colpo di stato. La politica è complice in tutto questo, usa la magistratura e un malcelato stato di polizia travestito da legalità per pilotare la deriva delle masse, spesso usando l'accetta come è accaduto a Genova nel 2001.

Rimane la giornalistica reazione dei genitori di Carlo Giuliani che non hanno perso tempo a riallacciarsi alla sentenza per ricominciare a chiedere giustizia (il fatto accaduto a Piazza Alimonda ha però tutt'altre sfumature e non ha nulla a che vedere con il pestaggio di stato della scuola Diaz).

Ed ora, con buona pace dei poteri giornalistici subiremo dieci giorni di bagarre, di schieramenti contrapposti sulla carta stampata, in televisione e sulla rete mentre la giustizia viene nuovamente sconfitta, così come l'intero Paese.