Una tortuosa disputa contrattuale con la compagnia telefonica proprietaria dei server su cui e' morbidamente appoggiato il sito torinoduezero.it non ha consentito per sei lunghi mesi la pubblicazione dei pensieri che quindicinalmente vengono espressi su questa lavagna virtuale; ma per vostra sfortuna siamo tornati.

E' però un'occasione per tentare una sintesi dei mesi che anticipando l'estate ci riportano oggi al pieno inverno, con i fasti del Natale appena trascorsi e le strade del quartiere torinese da dove scrivo, completamente deserte a causa delle abbondanti nevicate che hanno ricoperto le Alpi piemontesi come un ricco pandoro di Verona. Si perchè le vacanze di fine anno, cui nessuno ha intenzione di rinunciare, sono lo specchio della crisi (da molti neppure percepita) che a macchia di leopardo sta ammorbando Torino, tra un'impennata degli sfratti che in Città hanno raggiunto la media di quindici a settimana, mentre scomparse le Audi tremila turbodiesel per ragioni di rintracciabilità fiscale, sono comparse più parche Cinque, SeicentoL e Mini ONE con la Union Jack dipinta sul tettuccio che le famiglie della Torino professionista dell'evasione acquistano per i propri figli e le proprie mogli in un grottesco understatement tutto subalpino messo in atto nel tentativo di rendersi invisibili, rimanendo trendy, agli scanner dei dati sui redditi di cui può disporre Serpico (compresi i depositi bancari intestati alle amanti e a vecchi lontani parenti privi di carichi immobiliari).

La politica procede vergognosamente sorda alle necessità della gente accompagnata dal sottotraccia erotico delle gesta dell'ex presidente del Consiglio sostituito, dopo la scellerata esperienza del massone (chiedere cosa ne pensano gli esodati), da quasi un anno dal dermatologo con la faccia da topo remissivo che facendo finta di niente ha aumento tutto il possibile, ha massacrato le aziende con la nuova tassa smaltimento rifiuti e non ha fatto assolutamente nulla per ridurre i costi della casta predona che ha sputtaneggiato indisturbata in questi mesi di austerità durissima per chi deve lavorare per campare. Per non parlare di chi il lavoro lo ha già perso da mesi con l'assoluta certezza di non ritrovarlo mai più.

Lo scenario è apocalittico: la stretta del credito ha ucciso migliaia di piccole imprese al ritmo di 57 casi al giorno nel primo semestre 2013 (i dati del secondo arriveranno a gennaio 2014 insieme all'aumento della luce elettrica deciso ieri dalle autorità energetiche e dal ministero dell'economia). Le banche boccheggiano e ingoiano i miliardi arrivati dalla BCE per compensare le loro perdite devastanti anzichè erogarli alle aziende come avrebbero dovuto fare, col risultato che queste ultime falliscono per mancanza di risorse lasciando per strada migliaia di disoccupati.

Non si sa come andrà a finire questa triste vicenda, nonostante il malessere che il movimento dei Forconi ha tentato di mostrare alle istituzioni attraverso i presidi al freddo sulle rotonde e nelle città italiane che dovrebbe far riflettere la classe politica sulle sue indubbie responsabilità della distruzione della nostra economia.

Gli anni intanto passano e le cicatrici restano inguaribili, mentre l'Italia affonda tra gli applausi.

 

Quando due anni fa la figura allungata di Piero Fassino varcò il portone di Palazzo Civico per insediarsi come sindaco di Torino non molti, compreso chi scrive, fecero caso alla strana coincidenza. Un funzionario del Partito Comunista Italiano veniva scelto dalla direzione di un partito che negli ultimi anni aveva faticosamente tentato un restyling innovativo per raccogliere i consensi dei giovani, con l'obbiettivo di svecchiare la dirigenza.

Il sindaco di Torino, oltre ad avere occupato lo scranno parlamentare per numerose legislature (in barba al regolamento interno al partito che non ne vorrebbe più di due) è stato negli anni d'oro il responsabile Fiat nel PCI. Un incarico che visto dalle linee di Mirafiori ha un significato molto importante: un comunista che ha fatto da cuscinetto tra i Padroni delle ferriere e la classe operaia che all'epoca sognava la rivalsa sociale comperandosi la 128.

Non è cambiato nulla in questa Città, ma qualcosa nel frattempo e diventato chiaro: un sindaco come Fassino non poteva essere stato scelto dalla classe dirigente torinese (e dalle truppe cammellate che a Torino eleggono da sempre ed infallibilmente i candidati di sinistra) se non per gestire la dismissione sociale e industriale di Torino. I giovani Elkann sotto la direzione della cariatide Gianluigi Gabetti cercano miliardi per fare shopping oltreoceano, mentre Marchionne nel suo italiano stentato lancia stringati proclami messianici dal suo BlackBerry che non lasciano spazio alla speranza.

Chi meglio di Fassino, col suo loden verde da cerimonia poteva interpretare il ruolo del becchino ? Se ricordiamo le ridanciane campagne di Roberto Rosso o l'esilarante scelta di candidare Rocco Buttiglione contro testa-di-ferro Chiamparino oggi il silenzio ricopre la Città e in un understatement tutto subalpino si procede a passi lunghi e ben distesi nella preparazione delle esequie di stato.

Oggi Fassino è alla testa di un esercito di nuovi poveri che fanno la coda con la cravatta per un panino alla mensa di via Cibrario mentre i diseredati di sempre girano col ferro a uncino pescando nei cassonetti verdi tutto quanto possa essere ceduto in cambio della propria sopravvivenza.

Ciò nonostante, un recente sondaggio incoronava il sindaco di Torino ai vertici del gradimento tra i sindaci di grandi città italiane.

Un muro di Porta Palazzo parla invece di un risultato che si discosta leggermente.

Sono passati ventidue anni, un'era geologica per l'attuale incedere del mondo.

I primi caldi estivi di quella lugubre primavera del 1992 portarono, insieme a duecento chili di tritolo che fecero saltare in aria l'auto di Giovanni Falcone, un presidente democristiano (baciapile) al Quirinale.

Dai catafalchi fatti costruire di fretta dai falegnami di palazzo dall'allora presidente della Camera Oscar Luigi Scalfaro, richiesti da Marco Pannella per garantire la segretezza del voto, uscirono tantissime schede con il nome dello sconosciuto onorevole De Giuseppe, che ovviamente non venne eletto.

Oggi si spera di non dovere di nuovo attendere l'esplosione di qualcosa di tragico per scrollare la massa di imbecilli che abbiamo eletto per rappresentarci, affinchè capiscano che è necessario trovare un accordo per rassicurare le persone che stanno vivendo questo momento storico con il cuore in gola, quando non nella disperazione per aver visto spegnere la luce della speranza dinanzi ai propri occhi di uomini, di donne, di padri e di madri.

Lo squallore rivestito di modernismo dei giovani transfughi del Partito Democratico fa il paio con la strategia scientologica del satrapo di Nervi che ha infiltrato nel parlamento italiano un foltissimo gruppo di disoccupati o visionari a comando non padroni del loro pensiero neppure nelle aule dell'Assemblea.

Le regole sono cambiate, ma gli spettri che riemergono dalla terra nera del passato di D'alema e Romano Prodi sono l'ultima testimonianza di un epoca politica conclusa. Ma la domanda è : il futuro sarà migliore ?

Certo peggio di così sarà difficile ma la storia ci insegna che per raggiungere i livelli di democrazia necessari al progresso di un Paese sono state spese centinaia di migliaia di vite umane, morte gratuitamente in guerre inutili, almeno quanto oggi considerano quel sacrificio le generazioni ignoranti che sputano sul tricolore perchè si ritengono i depositari di una verità nuova.

Il conto da pagare per le conseguenze di questi comportamenti irresponsabili sarà molto salato, e come sempre lo pagheremo noi.

Guardandolo e ascoltandolo il Presidente del Consiglio italiano tutto sommato non è un'immagine sgradevole, scomoda o difficile da comprendere. E' stato quello che ha passato il convento (Spineto?) in una fase in cui l'Italia rischiava troppo la pelle delle sue banche, ma è servito a poco.

Il governo in carica da un mese, inconsapevole della velocità di riproduzione neoplastica della crisi che sta soffocando l'Italia non ha fatto niente, non ha parlato di niente ha solamente sottratto trenta giorni al countdown delle elezioni a cui saremo chiamati ben prima della primavera 2014.

I dati del FMI e di altre istituzioni internazionali sulle previsioni dell'economia mondiale parlano di recessione sino al 2020 come se fossimo effettivamente al centro di un conflitto bellico economico-finanziario in cui l'occidente perderà tutto quello che ha costruito dal dopoguerra ad oggi ed in particolare l'Italia farà la parte di uno staterello incapace di opporre la benchè minima resistenza all'invasore.

La cosa più orrenda è che il crollo delle certezze e dei sostegni alla vita di milioni di persone sono nascosti dal paravento di certa stampa che considera questo un fenomeno passeggero, una nuvola sull'Europa che prima o poi porterà il sereno.

La sanità pubblica è in pessimo stato, i dipendenti delle cooperative del personale in forza agli ospedali italiani lavorano ogni giorno ma non vengono pagati perchè le banche non erogano alla Aziende sanitarie i soldi necessari, ogni giorno un morto per debiti o un rogo di protesta davanti alla divisa di un ufficiale giudiziario che notifica un pignoramento, seicentomila posti di lavori persi nel 2012.

In questo crescendo rossiniano, Enrico Letta restituisce di sè l'immagine di un grigio dermatologo in attesa di uno scatto di carriera, tenta con l'eloquio impostato di tutti i democristiani di dimostrare che la sua squadra di governo sta lavorando con metodi austeri e a spese proprie pagandosi una stanza in un convento nella meravigliosa campagna toscana per "fare spogliatoio", riproponendo i brainstorming che piacevano tanto a Romano Prodi, uno tra i i primi responsabili del disastro della nostra economia.

Non crediamo che i curriculum dei ministri in carica siano in grado di cogliere appieno la gravità del problema perchè a parte il vantaggio dell'età più giovane nelle media di dieci anni rispetto ai governi precedenti, ad essi difetta la necessaria umiltà e, lasciateci dire, l'intelligenza di capire che la politica del "cambiare tutto per non cambiare niente" quando sono finiti i soldi non funziona più e che questa volta, come nel Titanic, affonderà anche la prima classe.

L'Italia ha bisogno di fare un esame di coscienza, disinfettando il cervello dalla paccottiglia ideologica che i media hanno sparso come Napalm sui cieli dell nostre città nel corso degli ultimi vent'anni, togliendoci oltre alla memoria anche l'orgoglio di definirci ancora cittadini di uno stato sovrano.

 

Quando Carlo Collodi alla fine dell'Ottocento inventò il Paese dei balocchi probabilmete non si rese conto di quale luogo magico avesse creato e ancor meno che non si trattava solo di un luogo immaginario, come la fiaba avrebbe voluto.

Il nostro è il Paese dei balocchi, un Paese nel quale chi la fa più grossa ha più certezze di rimanere impunito.

E' un caso di giustizia ad orologeria che (speriamo) questa volta sfonderà il muro omertoso delle dirigenze comuniste, diessine e neo-democratiche che saranno chiamate a rispondere sui duecento milioni di euro di debiti che il partito di Massimo d'Alema ha contratto con le banche in anni di allegra amministrazione e che hanno prodotto una voragine colossale. Eh già..il baffetto Richelieu (non solo con la complicità del tesoriere Ugo Sposetti ma anche del sindaco di Torino Piero F.) ha nascosto gli immobili del partito intestandoli, attraverso donazioni, a fondazioni esterne che nulla hanno a che vedere con il partito, in modo che fossero tenuti a debita distanza dagli artigli dei creditori.

Ora però le banche chiedono di annullare le donazioni fatte in favore delle fondazioni per ottenere i loro immobili, nonostante il terzo complice Romano Prodi nel 1998 attraverso il suo governo abbia esteso la garanzia statale pensata per i debiti contratti dai giornali sovvenzionati anche al partito dei suoi amici. Se gli istituti di credito non saranno in grado di riavere indietro gli immobili ci dovrà pensare lo Stato a pagare il conto, ovvero noi.

Perchè in Italia se hai la malaugurata idea di lavorare onestamente sei trattato come un criminale evasore, mentre per le strade delle Città i faccioni cadaverici di loschi figuri continuano a fare da sfondo alla miseria in cui loro stessi ci hanno cacciati ?